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Il 29 gennaio scorso il teatro in vernacolo fiorentino ha compiuto cento anni. Storici e critici fanno coincidere la sua nascita con il debutto in teatro nel 1908 de L’acqua cheta, ritenuta la prima opera di questa tradizione, una

Il 29 gennaio scorso il teatro in vernacolo fiorentino ha compiuto cento anni. Storici e critici fanno coincidere la sua nascita con il debutto in teatro nel 1908 de L’acqua cheta, ritenuta la prima opera di questa tradizione, una sorta di manifesto capolavoro che con grande riuscita si proponeva in maniera programmatica la nascita di un genere teatrale squisitamente fiorentino, a partire proprio dalla valorizzazione della sua lingua. Nel suo libro La commedia fiorentina in vernacolo (edito da Sarnus, 204 pagine, 14 €), Alessandro Bencistà prende le mosse proprio dalla commedia di Augusto Novelli per ripercorrere questo secolo di vita. A lui abbiamo rivolte alcune domande sulla famosa opera fiorentina e sul teatro in vernacolo. Qual è la grande novità introdotta da L’acqua cheta? Quella di aver eletto il vernacolo fiorentino al rango di lingua teatrale con un’opera completa, articolata, che si snoda in tre atti. Che Firenze si racconta? Una Firenze povera, anche il protagonista, il sor Ulisse, non ha i soldi per comprarsi la tuba e una divisa nuova per la sua attività di fiaccheraio, tanto che il futuro genero, che sta cercando di entrare in casa, gli promette di dargli la sua. Quindi è una Firenze umile che è presente in tante parti delle commedia fiorentina, non soltanto in Novelli ma in molti lavori di altri autori. Fu subito accolta bene? Sì, fu subito accolta bene perché il pubblico fiorentino era preparato al teatro, non dimentichiamo l’opera dell’abate Zannoni e di tutte le sue Ciane, e poi occorre ricordare che a quei tempi non c’erano altri svaghi, dunque il teatro – come diremmo oggi – era nazional-popolare. Fu portata anche fuori Firenze? Tante commedie fiorentine sono state portate fuori Firenze nei vari teatri italiani, ovviamente tradotte in italiano e nei vari dialetti regionali, per renderle comprensibili al pubblico locale. A proposito della diffusione della commedia fiorentina lungo tutta la penisola ho scoperto, nel mio libro è riportato, che una scena de La famiglia, commedia scritta da Bruno Carbocci negli anni Venti, fu ripresa una ventina di anni dopo da Eduardo nella sua Filumena Marturano. Ma anche il famoso sproloquio di Totò e Peppino alla stazione di Milano in Totò, Peppino e la malafemmina è in parte mutuato da un’invenzione del giovane Giulio Ginanni… L’attore martire… Sì, morì a 27 anni in seguito ad una bastonatura fascista. Pare per una satira in teatro, I’ sindaco, colpevole per i suoi aggressori di essere eccessivamente pungente nei confronti del regime. Una grande perdita per il teatro fiorentino perché dalle registrazioni in mio possesso emerge un vero talento naturale, dotato di una voce e di un’espressività capaci di imitare diversi personaggi. Tornando al teatro in vernacolo possiamo dire che godesse in quegli anni di ottima salute… Era indubbiamente uno dei più importanti in Italia, anche se di rango inferiore rispetto ai teatri dialettali di altre regioni e città dove si raggiungono davvero dei capolavori assoluti, come la Napoli di Eduardo e Scarpetta. Comunque era molto considerato e lo stesso Eduardo lo guardava con grande interesse, tanto che alla sua morte decise di donare il suo archivio proprio alComunedi Firenze, oggi conservato al Gabinetto Vieusseux. Quanto dura la fortuna del teatro in vernacolo? Fino al 1936, anno della distruzione del Teatro Alfieri ad opera del regime fascista, che non vedeva di buon occhio il teatro in vernacolo. Lo dimostra l’episodio della morte di Ginanni, la chiusura della rivista di Arminio Messeri “La Commedia Fiorentina” e infine la demolizione del Teatro Alfieri. Perché fu demolito il teatro? Perché non rispondeva più alle esigenze del regime, in particolare perché era il luogo nel quale si dava voce attraverso il teatro alle critiche e al dissenso politico, e questo era ovviamente intollerabile per una dittatura. Dopo la demolizione del tempio del vernacolo arriva anche la guerra… La Seconda Guerra Mondiale costituisce una cesura anche per il teatro in vernacolo, sebbene durante il periodo bellico si tentò di tenerlo in vita mettendo in scena alcune commedie, ma ovviamente rimasero episodi sporadici. Poi al termine della guerra la vita riprende… E anche il teatro in vernacolo si rianima con entusiasmo, basta citare Casa nova, vita nova, che poi nel 1959 fu trasposta nel cinema da Totò e Bolognini in Arrangiatevi!. La ripresa è comunque veloce anche grazie alla vivacità di alcuni autori che avevano lavorato in teatro anche prima della guerra, come per esempio Emilio Càglieri di cui ricordiamo in quel periodo “Firenze- Trespiano e viceversa“. Poi inizia l’era della televisione e il teatro comincia a segnare il passo. In realtà prima che la televisione sovrasti anche il teatro fiorentino ci sarà ancora spazio per una lunga e importante stagione con Vinicio Gioli, Càglieri, Wanda Pasquini, Dory Cei e il giovane Nannini che ereditò il ruolo che era stato della famiglia Niccòli, soprattutto di Dreino e Raffaello, divenendo poi nel tempo il riconosciuto maestro del teatro in vernacolo al quale ha dedicato tutta la sua vita artistica. Il suo amore per il vernacolo era tale che neppure le lusinghe di Totò, che insisteva per averlo con sé a Roma,riuscirono a strapparlo a Firenze e al suo teatro. Qual è il presente del teatro in vernacolo? In questi ultimi anni si sta assistendo ad una certa rinascita del teatro in vernacolo. Con il sito www.pannostrale.it siamo riusciti a censire qualcosa come 400 compagnie amatoriali che in Toscana portano avanti con grandi sacrifici, ma con una grande passione, la tradizione del teatro dialettale. Oltre a questo fenomeno esistono anche autori di una certa fama e importanza come Ugo Chiti, Alessandro Benvenuti, Alberto Severi e Nicola Zavagli che indubbiamente fanno ben sperare per il futuro del teatro in lingua fiorentina.  
Data recensione: 03/04/2008
Testata Giornalistica: Metropoli
Autore: Jacopo Nesti