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È stato il prete dei carcerati, degli umili, degli emarginati: in una parola, degli “ultimi”. La vita di don Danilo Cubattoli, per tutti “don Cuba” (1922-2006) è stata ricostruita dal giornalista e scrittore Maurizio Naldini nel volume Don Cuba. Scritti e

Nei suoi scritti la vitalità, la carica umana e l’amore per gli “ultimi”
È stato il prete dei carcerati, degli umili, degli emarginati: in una parola, degli “ultimi”. La vita di don Danilo Cubattoli, per tutti “don Cuba” (1922-2006) è stata ricostruita dal giornalista e scrittore Maurizio Naldini nel volume Don Cuba. Scritti e testimonianze (Sarnus, 264 pagg., 19 euro). Il libro sarà presentato questo pomeriggio alle 17 nella Sala Vanni di piazza del Carmine, presenti il sindaco Matteo Renzi, il cardinale Silvano Piovanelli, don Renzo Rossi, Giampiero Maracchi e Giovanna Carocci nel ruolo di moderatrice. Per gentile concessione dell’autore, ne anticipiamo un significativo capitolo, dal titolo Vorrei mettervi le ali...
Teologo e poeta, ecco il don Cuba che pochi hanno conosciuto, anche se molti hanno intuito esistesse dietro il suo parlare in fiorentino, i suoi gesti spontanei, la sua umanità profonda, l’apparente semplicità di ogni azione. Lo si ricava dai suoi innumerevoli appunti, scritti per un’omelia, una commemorazione, un ritiro spirituale o più semplicemente un avvenimento che lo aveva colpito. È il don Cuba che stava dietro alle apparenze, che le giustificava. E rivela quanto profondo fosse il suo pensiero e la sensibilità che lo muoveva. A leggerli si prova come un disagio, perché si entra nel suo privato più profondo, si scandaglia la sua anima, la sua intimità. Eppure, anche in questi appunti vergati a mano, con la sua inconfondibile calligrafia, sempre si trovano gli stessi temi e le stesse certezze. La sua fede è incrollabile. Così come è incrollabile la sua convinzione che la gioia, il sorriso, l’abbraccio del fratello, e ancor più del fratello che soffre, è il nostro primo dovere. E dunque, don Cuba era tutt’altro che uno sprovveduto, così come alcuni dei suoi confratelli vollero giudicarlo, nei giorni in cui sembrò prevalere nel mondo cattolico una sorta di sociologia cristiana. Le sue frasi sono come lampi. Fanno sintesi di una lunga riflessione ed hanno il pregio di comunicare se stesse in un istante. Scrive infinite volte, quasi una sorta di programma del suo essere prete ed ancor prima uomo:
“Se non impariamo a servire gioiosamente non cambieremo niente”
L’immagine che aveva di se stesso, e dei confratelli in Cristo, era nitida e chiara:
“Prete: il mezzo per toccare l’altra sponda e far stare a galla sul mare della vita”
La Carità era la prima delle regole e quindi:
“La Caritas = cuore della Chiesa, Regno di Dio perché il sangue corra per l’intero corpo”
Cercava sempre di sorprendere, soprattutto i giovani, perché lui per primo era sorpreso dalle bellezze del mondo:
“Lo spettacolo di miliardi di galassie è lo spettacolo di un embrione umano”
E li amava, i suoi ragazzi, e sognava per loro un futuro radioso, perché questo è il destino di chi è figlio di Dio:
“Vorrei mettervi le ali… Siete tutti unici e irrepetibili perché figli di un unico Padre amoroso e onnipotente”
Un posto di assoluto rilievo lo riservava alla donna, della quale aveva una visione commossa, madre e Madonna:
“La donna è colei che porta la speranza, la dignità, la bellezza. Ed è mistero.E ancora:La Bellezza prerogativa della donna, le è data perché a Lei è affidato l’uomo”
Aveva ben chiara la necessità e la possibilità di storicizzare i Vangeli. Così definiva la teologia come una scienza che non si rivela una volta per tutte, ma permette un’analisi della Parola sempre nuova, collegata all’evolversi del tempo...
Data recensione: 15/06/2010
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Maurizio Naldini