chiudi

Due laboratori di scrittura diversamente fantastica e creativa. Anzi, due occasioni per ascoltarsi e raccontare qualcosa, mettere in gioco un aggettivo, un colore

Due laboratori di scrittura diversamente fantastica e creativa. Anzi, due occasioni per ascoltarsi e raccontare qualcosa, mettere in gioco un aggettivo, un colore. Anzi, due carovane aliene, approdate a Firenze per volontà e impegno di pochi preziosi individui. Alla guida, una manciata di scrittori che aiutano a tessere le parole e due artisti (Marcello Bertini e Maria Paola Mugnaini) che fanno altrettanto per le illustrazioni; a bordo, una squadra di ragazzi diversamente abili che prestano il loro tempo, il loro sentimento, la loro penna e i loro pennelli (talvolta anche i loro sinceri sbadigli) alla realizzazione di libri più unici che rari. Questo, in sintesi, quello che c’è dietro l’uscita l’uscita di due volumi che nascono da percorsi molto diversi, ma che in comune non hanno soltanto la città natia, il marchio editoriale (Sarnus) e il mio fortunato (parlo per me, ipocritamente) coinvolgimento.
Arancione-one-one-Racconti fantastici è il risultato del progetto ‘L’ingenuo creativo’, ideato da Rino Garro per volontà di AICS Solidarietà Firenze, dove i ragazzi (una decina, con età e facoltà diverse) sono stati guidati in una serie di incontri con vari scrittori (meglio detti capi cantiere: Valerio «il Professore» Aiolli, Valeria «Mozzarella» Parrella, Marco «Nero» Vichi oltre allo stesso «Sgarro» Garro e a «Bellamarca», che sarei io) per la stesura di storie e sonetti in completa libertà.
Ecco, la libertà è ciò che più mi ha colpito di questo progetto. La ricerca di una creatività spontanea, genuina, che finisce per ribaltare i giochi e fa sì che siano i ragazzi stessi a fungere da maestri, noi «professionisti» ad adeguarci. Tutto nasce dalle loro teste: basta stimolare la scelta di un’immagine, tratteggiare un personaggio, per poi vederne subito arrivare un altro e un altro ancora, a ritagliarsi il proprio spazio e fomentare la storia che verrà. Una continua istigazione alla fantasia. Le prime volte che i ragazzi mi sfuggivano dal controllo, con le loro scelte narrative apparentemente strampalate, mi veniva istintivo ricondurli alla «normalità».Poi ho capito che era un istinto fallimentare, e sbagliato. Che eravamo lì per tutt’altro motivo, che era liberare la curiosità, indagarla, divertirsi, abbattere i confini, e non ridurci a svolgere in maniera collettiva ciò che solitamente uno scrittore fa per conto proprio.
E così prende vita il Professore Catorcio, la fornaia matta con i capelli a crocchia, Chiara Camilla che vive nel Duomo di Firenze, il ragazzo con il cappello di paglia; vediamo passare Dante, Maradona, mucche e tori che si fanno le corna; assistiamo a un improbabile spareggio calcistico tra Rondinella e Borussia Scascio, dove il pallone precipita in un cratere e non riemerge più, anzi ci tocca seguirlo in una dimensione parallela. Una festa.
Pri pri e Pe pe – Le strambe avventure di Primavera e Pedro nasce invece tra le mura dell’Associazione Trisomia 21 Onlus (riferimento per tutte le problematiche che riguardano persone con sindrome di Down). L’obiettivo (ambizioso) è scrivere una fiaba che sappia divertire i bambini toccando temi che tanto leggeri non sono: la diversità, la comprensione, l’amicizia, ma anche il dolore di certe piccole ingiustizie quotidiane, anche il lavoro che questi loro coetanei devono compiere per «tenergli il passo». Qua gli autori sono tantissimi (la Brigata Stralunata T21 conta una trentina di ragazzi dell’associazione, più due operatrici) e gli scrittori coinvolti soltanto due; si formano gruppi e si dividono i compiti per arrivare al risultato finale, ma tutto nasce da una festosa riunione collettiva in cui tutti assieme decidiamo nomi e caratteristiche dei protagonisti (con tanto di votazioni per alzata di mano), stagioni e località in cui si svolge la vicenda (Fipolastome, dalle iniziali dei paesi proposti: talvolta la democrazia è amabilmente complicata). Ognuno lascerà qualcosa di suo nella vicenda di Primavera, questa bambina con gli occhi a mandorla, un po’ balbuziente (come da titolo) e un po’ imbranata (come spesso gli fanno notare). La incontriamo in un giorno felice, perché è stata finalmente invitata a una festa e sta uscendo per comprare il vestito; ma sull’autobus troverà Pedro, un amichetto che risponde alle sue simpatie con quel tipo di rifiuto che questi ragazzi conoscono fin troppo bene. Lo svolgimento della fiaba sarà fantastico, il finale lieto:peccato che nella realtà gli umani facciano così fatica a guardarsi dentro e restituire al prossimo qualcosa di meglio, perché non sarebbe necessaria la magia di Primavera (una fumata azzurra, tutto che si trasforma) per rendere la nostra vita un po’ meno vile.
Due libri che sono soltanto due libri, sono due occasioni grandi così. Nel metodo, nelle ambizioni, nel risultato. Per il valore che i laboratori hanno avuto in sé e per quello che avranno adesso, nella possibilità di recapitare al prossimo tutto il loro bagaglio. Una volta tanto siamo (almeno in parte) nelle mani e nelle menti di quei ragazzi che bene o male emarginiamo sempre, anche soltanto «definendoli», anche nell’abusare del buonismo per poi abbandonare le loro esistenze al solo affetto dei famigliari più cari; per usare le parole di Rino Garro, insegnante e scrittore presente in entrambi i progetti, «aggrappatevi a un lembo, a un esile filo, e siate pronti a staccare – con loro – l’ombra da terra».
Data recensione: 04/11/2010
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Emiliano Gucci