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Cominciano (quasi) tutte nell’unico modo possibile: «c’era una volta...». Che siano un re o un povero, un contadino o una volpe, una vecchia o un ragazzo di nome Giovanni.

Cominciano (quasi) tutte nell’unico modo possibile: «c’era una volta...». Che siano un re o un povero, un contadino o una volpe, una vecchia o un ragazzo di nome Giovanni. Trent’anni dopo la prima fortunatissima edizione – correva il 1984 per quel mitico Oscar Mondadori – e dopo una serie di ristampe, le Fiabe Toscane di Carlo Lapucci sono tornate in libreria, riproposte dalla casa editrice Sarnus in un volume illustrato delle tavole di Lido Contemori. Tutto iniziò in Mugello negli anni quaranta, ai tempi della guerra. Carlo era un bambino, la famiglia Lapucci si trovava di nuovo al mulino di Rimaggio e il babbo Enrico raccontava le fiabe imparate dalla zia Enrichetta: «In quel periodo avevamo lasciato Firenze ed eravamo tornati nei luoghi d’origine familiare – spiega Lapucci – così si tornò a raccontare le novelle accanto al fuoco».Nasce allora l’amore di Lapucci per le favole e per il racconto popolare che lo ha portato a mettere su carta tradizioni e curiosità toscane e italiane: dai modi di dire (Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, 1993), agli indovinelli (Indovinelli italiani, 1994), dalle paure (Il libro delle paure, 2009), alla raccolta più completa sui proverbi d’Italia (Dizionario dei proverbi italiani, 2006). Negli anni Lapucci ha girato la Toscana per raccogliere storie e varianti di fiabe, per aggiungere particolari e scoprire finali diversi. Così diventano importanti le storie raccontate all’Osteria Parri di via Bolognese negli anni Cinquanta e le favole di nonna Angiolina e dell’amica Rosa a Montepulciano. Proprio nelle estati passate al fresco in provincia di Siena, il giovane Carlo, studente universitario, fa parlare la nonna e comincia a riempire quaderni e a tenere a mente ogni particolare. Eppoi ancora le investigazioni in provincie e zone diverse della Toscana. Quando nell’84 esce il volume per Mondadori, diventa presto un bestseller.
«Pensavo di aver messo al sicuro un mondo destinato alla scomparsa e invece il fascino della fiaba non si è mai perso. La materia non solo ha resistito, ma ha ammaliato anche le nuove generazioni. E dopo quel libro sono stato felice di ritrovarmi ad essere il nonno della Toscana. In quei racconti – continua Lapucci – c’è la memoria della nostra infanzia. Ma nelle fiabe c’è anche la storia dell’umanità. È il prodotto di una civiltà povera di mezzi ma ricca di valori. Da piccoli si crede che le fiabe siano tutte uguali, invece per ognuna esistono tante varianti. Mi viene da ridere quando sento dire che le fiabe spaventano i bambini. In realtà la fiaba racconta la storia di un personaggio che nasce povero e viene mosso dalla volontà di migliorarsi. Sono storie rassicuranti».
La fiaba è l’incrocio di mille storie, un percorso accidentato: «È il frutto di una società intera e di un numero enorme di persone, ognuna aggiunge un proprio particolare. È assurdo pensare che un autore singolo possa scrivere una fiaba. Nella storia è successo soltanto con Pinocchio che è un miracolo, qualcosa di irripetibile e visionario».
In quest’antologia, adottata nelle scuole, Lapucci raccoglie Dodicino e Rana Rana, la Cavallina fatata e Gianni Stento. Storie avventurose ma anche incrocio delle mille fonti che Lapucci annota attentamente senza annacquare il gusto del racconto.
Data recensione: 20/03/2011
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Gabriele Fredianelli