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“In una terra lontana lontana di là dal mare, c’era un regno, che stava tutto sul cucuzzolo d’una montagna: in cima c’era il palazzo reale e giù per le pendici le terre, le case, i campi...”.

“In una terra lontana lontana di là dal mare, c’era un regno, che stava tutto sul cucuzzolo d’una montagna: in cima c’era il palazzo reale e giù per le pendici le terre, le case, i campi...”. Bastano poche parole per riconoscere l’inizio di una fiaba e immaginarsi quello che incontreremo poi nella lettura: storie di fate, giganti, principi e principesse. Eppure ogni fiaba, anche la più antica e radicata nella tradizione, ha il potere di stupire, incantare e commuovere ogni volta chi la ascolta, come un vero capolavoro senza tempo. È il caso di Dodicino, Rana Rana, La novella di Gianni Stento e gli altri capolavori che l’esperto di folklore Carlo Lapucci ha raccolto nel volume Fiabe toscane. Le più belle storie (pp. 272, euro 16), illustrato da Lido Contemori e in uscita a febbraio per Sarnus.
La celebre antologia, uscita nel 1984 per Mondadori ma da molti anni fuori catalogo, è divenuta dopo numerose ristampe un vero classico del genere. Racconti d’amore e di mistero, di magia e d’imprese meravigliose usati oggi in famiglia, nelle scuole e dagli addetti ai lavori. Queste narrazioni, considerate letteratura per l’infanzia, appartengono infatti ad ogni età: in un’epoca dove la scienza sembra aver liberato il mondo da sogni e rappresentazioni meravigliose, ci raccontano la storia dimenticata delle forze naturali primigenie che presero forma di ninfe, geni, spiriti e accompagnarono l’uomo nella sua discesa dal paradiso, quando era in simbiosi con la natura. Nel riportare la storia de Il mortaio d’oro, di Panicuzzo o del Re Porco (che commosse un giovanissimo Giosuè Carducci), Lapucci non lesina riferimenti culturali e critici necessari all’inquadramento della fiaba nella nostra cultura e arricchisce i racconti con rimandi alle fonti antiche nella storia, nella mitologia e nella tradizione classica o medievale. Tutto questo per trasportarci in un mondo di magia, per divertirci ma anche per arricchirci, consegnando alle future generazioni un patrimonio prezioso che andrebbe altrimenti dimenticato.
Data recensione: 01/05/2011
Testata Giornalistica: Il Segno di Empoli