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Siamo abituati a trovare sugli scaffali delle librerie decine di volumi scritti da personaggi che hanno o hanno avuto un conto aperto con la giustizia. Ex delinquenti comuni ed ex terroristi (questi ultimi soprattutto) sembrano infatti colpiti da una ipertrofica smania letteraria. Solo da poco hanno cominciato a pubblicare anche coloro che di quei delinquenti e di quei terroristi sono stati vittime (su tutti si ricordi il libro di Mario Calabresi Spingendo la notte più in là). Rimane però defilato, in disparte, quasi soffocato dalla discrezione che gli è imposta dal ruolo, il punto di vista di chi il crimine, politico e non che fosse, lo ha affrontato, combattuto, spesso vinto. A costo però di un tragico contributo di sangue. No, non parlo della magistratura. A questa, che pure ha patito drammatiche perdite, tutto manca tranne che visibilità e popolarità. Mi riferisco invece alle forze dell’ordine, poliziotti, carabinieri, agenti che si guadagnano le prime pagine per lo più quando c’è da dar conto di un altro loro caduto. Ecco, il libro di Silvestro Picchi – ispettore di polizia che ha ricoperto importanti incarichi nella DIGOS – ci fornisce finalmente una lettura “diversa” degli anni di piombo (ma non solo). “Diversa” perché appunto proviene dalla parte di chi in genere non parla (e non scrive). Picchi entra in Polizia nel 1971 e fino al 1973 porta avanti la sua passione sportiva per il pugilato con le Fiamme Oro. Sono anni spensierati, in cui lo sport è la principale occupazione di Picchi, che si considera ancora un militare “quasi per caso”. Ma è tra il 1974 e il 1978 che vive il suo periodo più intenso e drammatico entrando a far parte del Nucleo anti-terrorismo presso la Questura di Firenze. A ottobre del 1975, soltanto per volere del fato, Picchi non è con la squadra di tre agenti che viene massacrata a Pietrasanta da due membri dell’organizzazione terroristica Lotta Armata per il Comunismo. Fa però in tempo ad accorrere sul luogo della strage e a vederei corpi senza vita dei colleghi, in un lago di sangue. Una scena che non lo abbandonerà per il resto della vita. A gennaio del 1978 viene ucciso, stavolta da quelli di Prima Linea, un altro collega, ma soprattutto un amico di Picchi, Fausto Dionisi. A lui è dedicata l’omonima via di Firenze, nei pressi della Fortezza da Basso. Sempre nel 1978 Picchi viene inviato a Torino dove fa parte della scorta al magistrato Gian Carlo Caselli, poi di nuovo a Firenze, a lavorare a stretto contatto con altri due magistrati, Gabriele Chelazzi e Pier Luigi Vigna (che ha scritto una breve prefazione al libro). Ci sono poi gli incontri con i tanti “big” di cui Picchi doveva garantire la sicurezza, da Clinton a Pertini, da Giovanni Paolo II a Lady Diana. Per ognuno c’è un aneddoto, un particolare da portare a mente. Un diario e un documento allo stesso tempo, questo racconto scritto da Picchi con sincera passione e un pizzico di malinconia. Ma soprattutto con tanto orgoglio per il servizio reso e nessun rimpianto per le scelte compiute. I proventi delle vendite del libro saranno devoluti all’associazione “Memoria” fondata dalla vedova di Fausto Dionisi, Mariella Magi, che si occupa di mantenere vivo il ricordo delle tante, troppe vittime del terrorismo.
Data recensione: 07/01/2012
Testata Giornalistica: Nuovo Corriere
Autore: Giacomo Aloigi