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C’è una strana ragazza che abita nel duomo di Firenze e va a lavoro in monopattino. Si chiama Chiara Camilla, è formosa, ha i capelli neri e lunghi che a volte porta raccolti col nastro adesivo

C’è una strana ragazza che abita nel duomo di Firenze e va a lavoro in monopattino. Si chiama Chiara Camilla, è formosa, ha i capelli neri e lunghi che a volte porta raccolti col nastro adesivo. Un giorno diventa amica di un gatto-mago, si trasforma quindi in giraffa per un sortilegio e da giraffa vive felice per sempre nel duomo fiorentino: quando scende la sera e l’ultimo turista se ne va, allunga il collo e con la lingua fa interventi di pulizia e di restauro agli affreschi della Cupola del Brunelleschi.
E c’è poi Catorcio, un professore di economia che se ne va a giocare a calcio, scappa di casa con l’accappatoio viola a pois bianchi e con le ciabatte di Paperino e arriva tardi a scuola.
E che dire della fornaia pazza dal cappello bianco a pois grigio metallizzato a forma di ombrello, nel cui negozio entrano due carabinieri e saccheggiano pane e ogni altro ben di Dio, finché arriva la polizia e chiede loro i documenti come farebbe con dei volgarissimi delinquenti? Si incontra persino una mucca pazza che «parlava in italiano perché già non si capisce nulla delle mucche» e un toro che fa le corna alla mucca perché «nel mucchese fare le corna è un gesto di galanteria».
Personaggi strampalati, buffi, surreali che infine «si ritrovano non si sa dove perché è un posto dove nessuno può parlare la propria lingua. Eppure tutti si capiscono molto bene».
È un mondo capovolto quello che si sprigiona dalle pagine di «Arancione-one-one», un’interessante e deliziosa raccolta di racconti fantastici che, sotto la cura di Rino Garro e con le illustrazioni curate dal pittore Marcello Bertini, è uscita per i tipi della Sarnus negli ultimi mesi del 2010 (pp. 64; € 12,00 ).
Un mondo trasfigurato, inventato, gioioso, comico e insieme amaro, così come lo percepisce, lo vuole, lo costruisce un gruppo di ragazzi “diversamente abili”, che una straordinaria abilità la possiede di sicuro: quella di riuscire a liberare la fantasia, a lasciarsi andare apertamente senza filtri e senza regole, senza inibizioni o  pregiudizi.
E quando la parola si fa leggera e riesce a volare e nel suo volo incontra altre parole leggere, tutte insieme concorrono a dipingere una realtà fatta di tutti i colori dell’arcobaleno, di strisce, di pois e di molto arancione: arancione sono i riccioli della  fornaia pazza tifosa della Rondinella, arancione è il colore degli autobus di Firenze cui fa riferimento il titolo del libro. Un titolo scelto dagli stessi ragazzi, sedotti dall’accrescitivo che la parola in sé contiene (come non pensare alle dimensioni di questi bus spesso doppi e lunghi decine e decine di metri?), che ha ispirato loro un sonetto, scritto insieme a Marco Vichi, dove «una grande bocca s’apre a più non posso, come un orribil diavolon dantesco… E invece era soltanto un tram vestito».
A camminare allegramente insieme a questi specialissimi ragazzi ci sono un pugno di scrittori professionisti e sensibilissimi – Valerio Aiolli, Rino Garro, Emiliano Gucci, Valeria Parrella, Marco Vichi – che si sono fatti per l’occasione capicantiere di un eccezionale cantiere-laboratorio, condividendo con i giovani scrittori in erba la meravigliosa avventura della scrittura creativa.
«Arancione-one-one» non è un libro di favole per bambini, come potrebbe sembrare dalla allegra veste editoriale, dai disegni che lo corredano e da quanto si è detto fin qui. «Arancione-one-one» è qualcosa di più. È un esempio – tra i pochissimi in Italia – di come anche la scuola pubblica, sempre più mortificata, annientata e privata ormai dei più elementari mezzi di sussistenza, possa invece rappresentare, se c’è qualcuno animato di passione e di buona volontà, un sorprendente punto di riferimento per genitori ed alunni in difficoltà e trasformarsi in un luogo di effettivo recupero per quelle fasce più deboli (nella fattispecie i diversamente abili contro i quali si è abbattuta insensatamente la mannaia dei tagli del ministro Gelmini), alle quali poche volte, o distrattamente,  pensano i nostri governanti quando pianificano le grandi riforme per la scuola del futuro.
La bacchetta magica l’ha trovata, e non miracolosamente,  Rino Garro, cinquant’enne scrittore e docente calabrese che da diversi decenni vive e opera  a Firenze  dove, lui anglista di formazione, si è trovato prima per caso e poi per scelta di vita a vestire con soddisfazione i panni dell’insegnante di sostegno. Da questa esperienza di lavoro Garro, con pochi mezzi e con molta tenacia,  è riuscito a trarre frutti inimmaginabili nella scuola di oggi e, grazie alla sua sensibilità e alle sue capacità inventive, ad ideare il progetto che sta alla base non solo di «Arancione-one-one», ma di altri due libri già usciti per case editrici fiorentine: «Oh issa, Oh issa oh!», pubblicato da Fatatrac nel 2004 e dedicato «a tutti  gli studenti e a quei pescatori che siedono attorno allo stagno del pensiero e della parola»;  e «Pri-pri e Pe-pe. Le strambe avventure di Primavera e Pedro», edito da Sarnus nel 2010 e realizzato con Emiliano Gucci e Maria Paola Mugnaini per l’associazione Trisomia  21. È stata  l’AICS Solidarietà Firenze, con «Arancione-one-one», a dare forma editoriale a «L’ingenuo creativo», il progetto che, come recita la quarta di copertina, è fatto «di divertimento linguistico, vagabondaggio fabulatorio e produzione creativa, una sorta di cantiere-officina» destinato, in ore extracurriculari, ai ragazzi diversamente abili che frequentano le scuole fiorentine. La parola diventa terapeutica e, allo stesso tempo, “produce” divertimento: è per questo che nell’originale cantiere-laboratorio niente è scontato, o prestabilito, o programmato.
E il metodo? Se c’è sicuramente non si vede, così come non si vede lo scrittore: questi, discretamente all’interno del cantiere, guida, stimola, coinvolge ed è coinvolto (e travolto) da pensieri e immagini in libertà che si inseguono, si soprappongono e alla fine vengono “intrappolati” e fissati sulla pagina. E succede così che, in una stanza, un gruppo di ragazzi si riunisce periodicamente intorno ad un tavolo (vi partecipano scrittori, educatori e volontari) con i capicantiere che assumono buffi nomi d’arte quali Rino Sgarro, Emiliano Bellamarca, Valeria Mozzarella, Marco Nero, Valerio Il Professore: sono loro a tirar fuori curiosità, fantasia, espressività e ad aiutare gli operai-apprendisti scrittori a dar vita a racconti, fiabe, poesie, filastrocche, disegni. Tutti insieme, nessuno escluso: sono storie scritte a più mani alle quali ognuno contribuisce  secondo le proprie qualità, le proprie convinzioni, il proprio modo di vedere, interpretare, colorare e deformare il mondo e secondo l’estro del momento. «È così – racconta Garro – che nascono le storie , con una naturalezza che ha dello stupefacente: qualcuno butta lì una frase casualmente perché magari sta passando una nuvola oppure qualcuno si sdraia o comincia a grattarsi la testa o a sbadigliare. E a quella frase si aggiungono altre frasi, altre idee, altre immagini. Tutto avviene semplicemente: la creatività vola di bocca in bocca, passa da pelle a pelle». Sono ormai molti anni che Rino Garro ha avviato questi laboratori nelle scuole in cui ha lavorato e, a quanto pare, i risultati sono estremamente soddisfacenti. Ad ispirarlo, fin dai tempi di  «Oh issa, Oh issa oh!», il laboratorio artigiano di Fantastica per ridere e scherzare, sono state le esperienze e gli insegnamenti di Gianni Rodari che ha rappresentato per lui anche un maestro di vita: colui che gli ha indicato la strada da percorrere per dare al sostegno sì un valore didattico ma, al contempo, ludico ed educativo, per trasformare un lavoro come tanti in un’attività entusiasmante: senza scollarsi dalla realtà anzi servendosene a piene mani, giocando con le parole, usando la scrittura creativa e “ri-creativa” per esplorare le sconosciute potenzialità di quei ragazzi speciali con cui trascorre, ogni giorno, gran parte del suo tempo. Ragazzi che parlano e raccontano come sanno fare e che avrebbero sicuramente tante cose da comunicarci e su cui riflettere se tutti noi riuscissimo davvero a prestar loro ascolto e attenzione. Mi piace finire con una citazione tratta da una filastrocca di Gianni Rodari che la prima volta ho sentito recitare proprio da Rino Garro: «Imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi». Qualcuno l’ha già imparato. 
Data recensione: 01/12/2011
Testata Giornalistica: Nuova Corvina
Autore: Milly Curcio