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Ci giunge sul nostro tavolo, edito da Polistampa, un bel volume dedicato a don Giuseppe Donatini, leggendario prete mugellano

Ci giunge sul nostro tavolo, edito da Polistampa, un bel volume dedicato a don Giuseppe Donatini, leggendario prete mugellano (nato a Palazzuolo sul Senio nel 1882, morto a San Martino a Scopeto nel 1975 alla bella età di 93 anni), che abbiamo avuto anche la fortuna di conoscerlo visto e considerato che il nipote Giancarlo Donatini (fu un bravo pittore), figlio del fratello di don Giuseppe, Luigi, marito di una nostra carissima cugina materna (Maria Palma Rinaldelli), ci portava spesso negli anni ’60 a far visita al suo vecchio zio sacerdote in una zona, quella di San Martino a Scopeto, dove la parentesi della seconda guerra mondiale doveva lasciare un solco profondo segnatamente durante la guerra di liberazione prima e la presenza di don Lorenzo Milani poi, parroco della chiesa di Sant’Andrea a Barbiana suffraganea della pieve di Scopeto, chiese queste posizionate sui contrafforti del Monte Giovi.
Questo libro con una lucidissima presentazione di un altro nipote, Enrico Donatini, che ha avuto la fortuna di ritrovare prima che andasse al macero, un preziosissimo diario manoscritto, ci fa conoscere e ci riporta ad un arco di vita che abbraccia praticamente la seconda metà dell’800 e buona parte del ‘900, dove sono accadute tante di quelle cose da perderne il conto.
È davvero interessante dal lato umano venire a conoscenza dell’adolescenza, della giovinezza di Giuseppe Donatini, il quale nato da una famiglia socialista riformista di stile ottocentesco, ecco la sua profonda vocazione, una grande fede, con la sua vita che verrà dedicata interamente a Cristo, alla Chiesa, senza timori reverenziali per nessuno.
Il Seminario, la prima Messa, la prima chiesa, (Razzuolo), la seconda chiesa (Rifredo), la terza (Vicoferaldi), ed infine la nomina di pievano a San Martino a Scopeto. Finissimo scrittore, uomo simpatico, buontempone, appassionato cacciatore, buongustaio, ma sempre vicino al popolo, ai suoi contadini, alla povera gente, agli ultimi, con il Vangelo sempre in mano e nella mente, don Giuseppe Donatini (riposa al cimitero della Misericordia di Borgo San Lorenzo vicino ai fratelli Luigi e Maria), nel suo diario ci racconta tante e poi tante di quelle storie, aneddoti (tanti esilaranti e simpatici, ma ovviamente e poi ne parleremo, anche tragici, luttuosi, dolorosi), con tanta di vita vissuta, che entra nel cuore dei lettori, poiché si percepisce quella che è stata la sua lunga ed operosa esistenza di Prete prima di Uomo poi.
Scrive nell’introduzione del libro, fra le tante altre cose, Carlo Lapucci: “Antifascista e anticomunista aiutò e nascose perseguitati dai fascisti, li soccorse, li medicò pur sapendo d’essere spiato e accusato alle forze del regime e sostenne addirittura un confronto con il terribile Carità. Superando ideologie politiche aiutò gli oppositori anche estremi e ne fu ripagato “ingenerosamente”, con risentimento e diffidenza. Senza riconoscimenti”.
E qui vogliamo spendere qualche parola, dopo aver letto con particolare attenzione tutto quello che don Donatini scrisse di suo pugno in quel tragico periodo.
Leggendo i vari libri sulla Resistenza nel Mugello, ci sono tante discrepanze, molte, ma grazie a Dio, la storia torna sempre a galla, fa come l’olio nell’acqua, a raccontarci altrettante verità. “ – la chiesa e la casa di don Donatini, proveniente da una famiglia comunista, come si legge sovente volte in diversi libri, nelle interviste con alcuni partigiani della Brigata Lavacchini operante sul Giovi, era il “Refugium Peccatorum”di tutti coloro, partigiani feriti, soldati inglesi, indiani, russi, gente comune e antifascisti che fuggivano dalla rappresaglie dei repubblichini e dai soldati nazisti.
Lì trovavano rifugio, conforto e salvezza. Episodi drammatici, quando un Tenente delle SS gli piantò la canna della pistola sulla fronte o quando il famigerato Carità, lo sgherro di Villa Triste a Firenze, lo voleva arrestare, poi la cura dei feriti che venivano nascosti nelle cantine e nelle soffitte, quindi tanti fatti tragici di gente comune uccisa per rappresaglia (vedi Padulivo), tutto questo per un cavallo zoppo. La paura di essere scoperto, il terrore di essere ucciso, non fece indietreggiare di un millimetro il prete dei “Refugium Peccatorum”.
Dopo la guerra non ci fu nessun riconoscimento, anzi un mio parente, scrive, fascista arrogante, divenne in poche ore un acceso comunista per rifarsi una verginità (quanti ce ne furono, tanti!!) non solo voltò gabbana ma novello Giuda tradì il mio affetto facendomi bersaglio dei suoi attacchi personali.
Di questi episodi, di questi tradimenti dove l’odio prevaleva su tutto e tutti, don Donatini, come fece con i repubblichini e i tedeschi, non indietreggiò di un millimetro (poveretto se sapeva poi la fine truce che fecero tanti suoi confratelli sacerdoti nel triangolo della morte a Reggio Emilia, chissà come si sarebbe comportato), restando al suo posto, al suo ministero di Prete e al suo orgoglio di Uomo.
Una lunga storia, inedita, un diario drammatico ma che ci ha fatto capire, qualora ce ne fosse bisogno, altre storie, altre verità. Il tempo è galantuomo e anche a distanza di tanti anni ogni tassello torna al suo posto, sempre, come si legge anche in altri due libri di recente pubblicazione.
Data recensione: 08/10/2014
Testata Giornalistica: Ok!Mugello
Autore: Aldo Giovannini