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Francesco Bausi, fiorentino, è docente universitario e filologo di valore. Studioso del Rinascimento, in particolare di Poliziano e di Machiavelli

Francesco Bausi, fiorentino, è docente universitario e filologo di valore. Studioso del Rinascimento, in particolare di Poliziano e di Machiavelli, questa volta ha fatto il salto della barricata cimentandosi in un romanzo che ha per protagonista proprio il Machiavelli, perché «dopo trent’anni di consuetudine quotidiana», si legge in quarta di copertina, «gli sembra di conoscerlo meglio degli uomini del nostro tempo». In effetti l’ambientazione storica è accuratissima e i personaggi e perfino la lingua si collocano perfettamente nel contesto: per il lettore che non abbia familiarità con questo mondo, ormai lontano cinque secoli, snelle note conclusive chiariscono Persone, Luoghi, Politica e istituzioni, Parole e modi di dire.
La vicenda si basa su un fatto vero: una denuncia anonima a sfondo sessuale colpì Niccolò Machiavelli nel maggio del 1510 (si può leggere ancora oggi all’Archivio di Stato di Firenze), ed era molto pericolosa perché poteva costargli il posto di segretario della Repubblica. Per tre giorni, dal 28 al 30 maggio, il povero Niccolò va in giro per la città con l’animo in pena, incontrando conoscenti più o meno illustri, nel tentativo di smascherare i suoi accusatori ed evitare così la condanna, ma non riesce a cavare un ragno dal buco. Alla fine viene scagionato, ma la conclusione è tutt’altro che lieta, in quanto è costretto ad accorgersi a sue spese di essere stato vittima di un gioco di inganni; e del resto l’epigrafe tratta dal capitolo XVIII del Principe recita: «Colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare».
Il libro risulta caratterizzato da una struttura molto salda: è diviso in tre parti, una per ogni giorno di inchiesta, ciascuna ripartita in sette capitoli, e chiuso da un epilogo che si svolge tre giorni dopo, con il Machiavelli in partenza per la Francia che medita di ripagare con la stessa moneta chi ha tradito la sua fiducia. Ma ci sono altre simmetrie: a non dir altro, l’amico incontrato per primo è l’ultimo di cui si parla, e soprattutto non sarà certo casuale che il capitolo centrale, cioè il quarto della seconda parte, metta in scena l’incontro più importante, quello con Francesco Guicciardini, l’altro grande pensatore politico del suo tempo, che spesso gli viene contrapposto per minore idealità e maggiore realismo. Le sue idee emergono abbastanza chiaramente dal colloquio, e allo stesso modo dagli altri colloqui emergono, come anticipazioni o intuizioni, le linee portanti del pensiero del Machiavelli, nonché passi delle sue lettere più famose: anticipazioni, perché come è noto l’opera del nostro, tranne qualche scritto letterario e qualche velenoso epigramma (come quello celebre contro il gonfaloniere Pier Soderini, qui riportato a p. 27), è tutta successiva alla data degli avvenimenti narrati, quando ormai ha perso la possibilità di dedicarsi alla politica attiva ed è costretto a ripiegare sulla riflessione teorica. Sicché anche il lettore non specialista, che possa contare solo sui ricordi liceali, si trova a rivivere in atto, nella dispersiva concretezza del quotidiano, quei concetti che sulla pagina risulteranno poi così autorevoli e memorabili.
Dunque un romanzo storico ineccepibile? Sì e no. A un certo punto il Machiavelli pensa alla felice variante di un proverbio che ha sentito da un «amico di Piombino»: «Fatti la fama, così poi se pisci nel letto diranno che hai sudato». Chi sarà costui? A tutta prima il lettore non privo di risorse culturali penserà che per identificare il personaggio sia necessario andare a consultare i ponderosi volumi delle Legazioni e commissarie (Machiavelli è stato a Piombino diverse volte in missione per la Repubblica), ma l’eventuale ricerca è destinata a rimanere delusa. Forse un lampo improvviso della memoria gli farà ricordare che la frase non è antica ma moderna, ed è stata pronunciata da un commentatore televisivo di calcio, che nella sua carriera è stato anche allenatore della Fiorentina. Ed ecco allora che un’altra frasetta vagamente nota può essere ricondotta al suo vero autore, il protagonista di una serie televisiva di argomento medico che passa per filosofo. Si incomincia così a intravedere la faccia nascosta del libro, che è un frullato di citazioni di ogni tipo, alte e basse, e perciò in un certo senso una carnevalata o uno sberleffo. A rileggere l’epigrafe, dunque, ci si accorge che ad essere ingannato non è solo il povero Machiavelli, ma anche, sia pure con molto garbo, il lettore. Sennonché viene da pensare che questa intrusione della contemporaneità non sia un puro divertissement ma possa avere un valore allusivo, e che la traballante Repubblica fiorentina del Soderini rimandi per analogia all’attuale Repubblica italiana, dove scandali sessuali non ne mancano davvero.
Data recensione: 01/10/2014
Testata Giornalistica: Satura
Autore: Davide Puccini