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La dedica all’amica di sempre «senza se e senza ma», Tea Albini, il cartello su una banc

La dedica all’amica di sempre «senza se e senza ma», Tea Albini, il cartello su una bancarella «Cioni avevi già capito tutto», la tentazione del suicidio: «Sono stato sul punto di togliermi la vita: più di una volta mi sono messo la canna della pistola in bocca».
«Cioni ti ama. Persona informata sui fatti», edizione Sarnus, si legge tutto di un fiato ed esce otto anni dopo «Ciono ti odia», ma nel tono del libro e nella realtà è passato molto di più, una intera era. L’ex big del Pci, Pds, Ds, Pd, l’amministratore che aveva sempre le scarpe sporche perché era in giro per la città, il primatista delle preferenze e l’inventore delle «cene del Cioni» che poteva contare sui cioniani, alterna aneddoti e vita personale, personaggi politici e la vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto per anni, prima dell’assoluzione in Cassazione e lo estromise dalla corsa a sindaco di Firenze. Unendo il sacro ed il profano, avventure con le donne comprese, Cioni ne ha per tutti: Maria Elena Boschi non ne esce bene, «è da sempre uno dei grossi problemi di Matteo»; Domenici idem «Il mio rapporto non facile con Leonardo di cui fu vice sindaco»; Matteo Renzi è assolto con riserva, «È il renzismo che ha fallito, non Matteo Renzi. Renzi sarà uno dei protagonisti della politica a due condizioni: il rispetto per non la pensa come lui, il mettersi in testa che dai valori del socialismo ha molto da imparare». Non fa sconti neppure a se stesso, parlando del tema della giustizia: «Quanto a me, ho di che pentirmi. Guardandomi indietro, vedo che il mio atteggiamento era sempre a difesa della Pubblica Accusa. È stata per anni una premessa indiscutibile ed era la linea del Pci. Il partito che aveva abbandonato il garantismo per diventare il fustigatore dello Stato. Anche Berlinguer, il politico che ho amato di più, fu un severo sacerdote di questa dottrina. Bettino Craxi ne fece le spese, pagando forse un prezzo molto più alto delle sue colpe».
Cioni ha sofferto per la vicenda giudiziaria fino a pensare di farla finita — che occupa, assieme al racconto dell’ascesa di Renzi, molto spazio — e senza astio ma con chiarezza sottolinea: «Anche un magistrato inquirente è soggetto come ogni altro essere umano all’errore. Lo si chiama errore giudiziario, ma la parola non spiega abbastanza il prezzo non risarcibile che questo errore fa pagare all’accusato, alla sua vita, alla sua famiglia, ai suoi affetti». E propone anche i rimedi: «La Procura non dovrebbe appellarsi quando il Tribunale assolve l’imputato con formula piena in primo grado. Occorrerebbero un po’ di responsabilità civile per l’unica categoria che quando sbaglia non paga e la separazione delle carriere fra Magistratura inquirente e giudicante». 
Data recensione: 28/04/2017
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Mauro Bonciani