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La commedia fiorentina in vernacolo ha un secolo di vita. È il 1908, esattamente il 29 gennaio, quando al Teatro Alfieri di Firenze viene rappresentata “L’acqua cheta” di Augusto

Un libro ricostruisce la storia del teatro toscano e dei suoi personaggi. Alessandro bencistà racconta attori, autori e teatriLa commedia fiorentina in vernacolo ha un secolo di vita. È il 1908, esattamente il 29 gennaio, quando al Teatro Alfieri di Firenze viene rappresentata “L’acqua cheta” di Augusto Novelli.Nato il 17 gennaio 1867, a Firenze, è riconosciuto da tutti il fondatore del teatro in vernacolo fiorentino.“La sua formazione è essenzialmente autodidatta e fin da giovanissimo cominciò a frequentare l’ambiente del teatro che gli era congeniale più che la scuola, della quale fece appena le prime tre classi delle elementari. Ma l’ingegno non gli mancava e riuscì a farsi strada nell’affollato campo della cultura fiorentina del tempo: fu anche giornalista (a vent’anni dirigeva “Il vero Monello”), autore di liriche, bozzetti d’ambiente e spettacolo di rivista, fra questi ultimi “Firenze a zig-zag” (1912) e “La kultureide” (1916)” si legge nel libro.Dopo di lui, un fiume di autori e interpreti.Alessandro Bencistà ce li presenta, dalle origini a oggi, in “La commedia fiorentina in vernacolo” (Sarnus, pagg. 204, euro 14).Bencistà si è immerso in recensioni e cronache ed è riuscito a mettere insieme esaurienti schede biografiche. Si è soffermato sull’epoca d’oro, compresa tra il 1908 e il 1933-34, anno di chiusura ella rivista “La commedia fiorentina”, diretta da Arminio Messeri, e il secondo periodo evidenziato dalla fine dell’attività del Teatro Alfieri, tempio del vernacolo.Ma c’è anche un terzo periodo, rileva Bencistà, precisando che però non è come prima. “Ci saranno ancora valide compagnie teatrali, alcuni giovani attori e/o autori che si erano già fatti notare sulle scene diventeranno i protagonisti del nuovo corso, ma ormai lo spettacolo popolare ha imboccato altre strade, prima il cinema, poi la televisione; lo spazio del teatro in vernacolo si riduce alle salette di periferia, più o meno stabili, spesso all’aperto dove c’è ancora qualcuno che si accomoda su vecchie sedie per godersi una commedia fiorentina”.Un periodo, il nostro, da non sottovalutare. Si pensi che negli ultimi tempi, in Toscana, sono state censite più di quattrocento compagnie amatoriali. Alcune si ritrovano in “Intesa teatro”, che ha capofila il Comune di Castelfranco di Sotto (Pisa). Accanto ai protagonisti (numerosi e importanti) della commedia fiorentina, Bencistà mette i teatri, che contribuirono al successo. Libro prezioso che ci fa conoscere un aspetto della cultura toscana ingiustamente trascurato.Alessandro Bencistà (Greve in Chianti 1941) è tra i fondatori del Centro Studi Tradizioni Popolari Toscane, che presiede. Inoltre, dirige la rivista “Toscana Folk”.
Ha pubblicato, tra l’altro: “Vocabolario della Valdigreve”, “I bernescanti”, “Fiorentinacci”, “Vocabolario del vernacolo fiorentino”, “Il maiale, dall’arista allo zampone”.
Data recensione: 27/04/2008
Testata Giornalistica: Il Corriere di Firenze
Autore: Riccardo Cardellicchio