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Monologhi, sproloqui, parodie, serenate, testamenti, lettere, prediche, contrasti. Sarnus (Polistampa) pubblica un’antologia illustrata sul teatro della tradizione orale. Diesilla Diesilla,/ tutto va in fumo e favilla:/ restan Davide

È stata pubblicata da Polistampa la nuova edizione del «Teatro popolare minimo» di Carlo Lapucci. La prima era uscita nel 1990 per gli Editori del Grifo
Monologhi, sproloqui, parodie, serenate, testamenti, lettere, prediche, contrasti. Sarnus (Polistampa) pubblica un’antologia illustrata sul teatro della tradizione orale. Diesilla Diesilla,/ tutto va in fumo e favilla:/ restan Davide e Sibilla. /Quale giorno triste e duro/ quando il cielo sarà scuro/e il castigo ormai sicuro./ Soneranno quattro trombe/ mentre escon dalle tombe/ brutte facce e brutte ombre....È questo l’incipit di una vecchia parodia del Dies Irae, il celebre componimento liturgico del XII secolo. Questo testo popolare, assai ironico, è stato ritrovato in Mugello dallo studioso Carlo Lapucci, esperto di letteratura e linguistica, e da lui inserito nel volume Teatro popolare minimo, una raccolta dei brani più caratteristici tra quelli recitati nelle rapprentazioni di teatro «basso» negli ultimi secoli. Tutti i testi appartengono alla tradizione del «recitar narrando», declamati o cantati nei mercati, nelle fiere, nei raduni, o nelle veglie. Lapucci passa in rassegna questi componimenti, molti dei quali tramandati oralmente e quindi presenti in varie versioni, suddividendoli nei diversi generi a cui appartengono o a cui possono essere accostati. Dalla sfera del sacro, con prediche, parodie di inni religiosi e «prefazi», si passa al profano, che comprende si a canti popolari (lamenti, serenate e canzoni illustrate) sia testi in prosa, come i acconti e i monologhi,. La raccolta è un’antologia completa della materia, ormai ritenuta un genere a sé stante nella vasta area del folklore. E il risultato di una lunga ricerca di componimenti perduti della tradizione toscana e di altre regioni, svolta da Lapucci con grande attenzione per le contaminazioni e le metamorfosi che questi testi hanno subito e ancora subiscono col passare del tempo. Il volume, corredato di illustrazioni rappresentanti alcune messe in scena, p una selezione esauriente del teatro della tradizione orale nella sue varei manifestazioni.Professor Lapucci, ci racconta il suo teatro popolare minimo?«Credo di aver individuato un settore tra i testi della tradizione orale, che prima non era stato ben definito, vale a dire una specie di terra di nessuno che segna il passaggio tra la narrativa popolare (fiaba, leggenda e altro) e le forme teatrali di un certo respiro, come i maggi storici, i bruscelli, befanate, misteri, sacre rappresentazioni. C’è tra questi due momenti una varietà di composizioni che tendono a passare dalla prosa o dalla poesia della narrazione al testo dialogato del teatro: operette brevi, spesso occasionali, semplici dove la gestualità del narratore si accentua, recita, chiama una spalla, un interlocutore e si attiva un’azione teatrale».Quali sono precisamente queste composizioni?«Sono di varia natura: dai foglietti che si tengono nel portafoglio per leggerli alla fine di un pranzo, d’un veglia, d’una festa, ovvero a un gruppo d’amici o in treno: lettere cono equivoci, prediche scherzose, oppure veri e propri fogli volanti che si compravano alle fiere, da questi si arriva ai veri e proprio monologhi, contrasti, maggi, parodie, lamenti, prefazi, racconti drammatizzati, serenate, sproloqui di vario genere, storie canzoni illustrate, testamenti. Una congerie che si definisce con due caratteristiche: la brevità del testo e la doppia natura: narrativa e teatrale».Ha un suo spazio oggi, anche nella nostra cultura questa materia?«Direi che no è mai scomparsa: la sua manchevolezza era quella di non essere riconosciuta come categoria ben individuata e rimaneva dispersa, quindi facilmente destinata a scomparire, anche se viene difesa con accanimenti da chi la conosce per la sia grande capacità di divertire, di far ridere, e l’adattabilità a tutto il pubblico di qualunque natura dai nove a i novant’anni. Questa è una nuova edizione del libro, molto ampliata rispetto a quella degli Editori del Grifo del 1990: è quindi già collaudata e onorata dall’interesse vivo dei lettori e di quanti hanno usato i testi non solo per serate familiari o di club, ma anche in recite, nelle scuole, nelle case di riposo, nelle fabbriche, negli ospedali e sopratutto come lettura veramente tonificante di testi i cui motivi appartengono all’umanità: situazioni che si ritrovano in Plauto come in Aristofane, filtrati però attraverso la dimensione popolare e l’ironia italiana. I testi possono reggere benissimo uno spettacolo teatrale e farne un successo come ha fatto con “Recitar narrando”nel 2002 a San Gimignano la Compagnia dei Comici Ritrovati che ha messo in scena una scelta di questi testi con la regia Tuccio Guicciardini e la direzione artistica di Cledy Tancredi».A proposito di questo, la stessa Compagnia dei Comici Ritrovati, con Guicciardini e Tancredi, il 17 e il 18 gennaio passato a San Gimignano ha messo in scena il suo lavoro «Silicon Valley». Teatro pieno, molti applausi. Che rapporto intercorre tra il teatro popolare e il suo teatro, dal momento che a questo ha dedicato diversi lavori: nel 2004 è uscito il volume «Teatroa buon mercato», che raccoglie la sua produzione fino a a quell’anno?«Sono due cose diverse ma non antitetiche. Il mio è necessariamente teatro della tradizione scritta, ma deriva in qualche modo anche dalla popolare, perché da quella ho imparato molto, soprattutto a non fare della letteratura e dell’intellettualismo. Se ci sono riuscito non lo so, ma se il pubblico si diverte e applaude, qualcosa di buono ci sarà». C’è spazio secondo lei per il teatro nella vita attuale?
«Mi pare che nella crisi si intraveda già qualcosa: la gente comincia ad essere stanca dei grandi programmi di teatro nuovo che incide nel tessuto vivo, denuncia intollerabili situazioni, sperimenta nuove procedure sceniche: insomma fa tutto meno che divertire in senso vero del termine, sia pure con gl’impegni e la sensibilità ai problemi della vita. Il teatro è un grande divertimento per tutti, a cominciare da chi lo fa, e siamo tornati a valorizzare quelle sale storiche, oggi restaurate, che assolsero questo compito nei secoli passati. Certo il genere richiede costi di realizzazione e relativi problemi. Vedo però che la gente si muove e, e se le proposte sono serie, il pubblico risponde.
Data recensione: 03/05/2009
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Lorella Pellis