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Sapete, dice Graziano Cioni, “quale è stato il vero miracolo del PCI italiano? Che uno come me, figlio di una confezionista e di un bottegaio di Pontorme, sia diventato parlamentare e vicesindaco di Firenze. Oggi non sarebbe possibile”.

Sapete, dice Graziano Cioni, “quale è stato il vero miracolo del PCI italiano? Che uno come me, figlio di una confezionista e di un bottegaio di Pontorme, sia diventato parlamentare e vicesindaco di Firenze. Oggi non sarebbe possibile”. Lo Sceriffo si racconta. E lo fa con un libro, intitolato Cioni ti odia (citazione delle scritte sui muri quando era assessore alla sicurezza) dove ricordi, retroscena, analisi e la solita irriverenza “cioniniana” raccontano uno spaccato di politica e di Firenze degli ultimi cinquant’anni. Cioni parla molto dei “suoi” sindaci di Firenze. “la giunta Primicerio? Dilettanti allo sbaraglio. Domenici? Gli devo molto, è un grande politico. Ma ha un carattere iroso che gli ha fatto torto. Sembrava pensare che la città non lo meritasse. Quando per il secondo mandato andò al ballottaggio stava per mollare tutto. Ha aperto la strada ai bagni di folla di Renzi”. Già l’attuale cittadino: “La rottamazione è il modo che Renzi ha trovato per farsi sentire sul piano nazionale, ma i suoi toni non m i piacciono: sono i toni di Previti, quando diceva: non faremo prigionieri. Ma se Previti si riferiva agli avversari politici, Renzi si riferisce agli alleati, a chi lo ha votato o fatto votare. Ma il correre, l’impeto di Matteo, sono qualcosa che viene sentito in modo positivo da tanti elettori del centrosinistra, stufi di perdere”. Continua Cioni: “Mi piace come si  muove, la sua velocità, che talvolta nasconde nei fallimenti. Ma gli riesce bene di essere veloce, così come gli riesce bene dire tutto e il contrario di tutto. Poi, però, per la nevicata del 17 dicembre si è trovato solo, e questo dovrebbe farlo riflettere”. A Cioni piacerebbe che Renzi “ dedicasse più attenzione alla città. Per esempio, quando sento dire che il sociale si mette in mano agli sponsor, mi prende un magone”. Ma Cioni sarebbe andato ad Arcore per incontrare Berlusconi? “Non mi pare questo fatto uno scandalo”, dice lo sceriffo, ammettendo di sentirsi un  po’ “rottamato”.
A Cioni è mancato solo di fare il Sindaco. “Me l’hanno impedito due volte: una quando fu catapultato Domenici, l’altra con l’inchiesta su Castello, dove io mi ritengo innocente e no  salterò un’udienza del processo per difendermi: lo faccia anche Berlusconi”. Ma qualcosa lo ha ferito più dell’inchiesta (nel libro lo Sceriffo racconta i retroscena del preaccordo tra Domenici e Della Valle per la Cittadella): “Da quando mi sono ammalato, nel 2008, e poi dal mio coinvolgimento nell’inchiesta, sono stato lasciato solo non dalla gente, ma dal mio patito: non ho mai ricevuto una telefonata da un dirigente, neanche per chiedermi: come stai?”. Nel libro grande aneddotica e ampio spazio agli anni giovanili a Pontorme con scene stile Berlinguer ti voglio bene, il periodo in Parlamento e il feeling umano con Andreotti, la battaglia contro la massoneria, l’esperienza dei terremotati friulani del 1977, la super Ztl, le mega cene, le ordinanze choc, la lotta contro l’alcol ai giovani. E si scopre che nell’agosto del 1969, durante un campeggio del PCI imparò di nascosto “come usare le armi” in caso di “allarme rosso” contro i comunisti italiani.
Data recensione: 21/01/2011
Testata Giornalistica: L’Unità
Autore: Tommaso Galgani