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Firenze, 19 marzo 1821 e Firenze, 22 marzo 2010. Che hanno a che fare due date molto distanti? Prese così, niente. Ma lette nel romanzo “La levatrice”, di Stefano Braccini, pubblicato da Sarnus

Il primo romanzo di Stefano Braccini, ginecologo del San Giuseppe

Firenze, 19 marzo 1821 e Firenze, 22 marzo 2010. Che hanno a che fare due date molto distanti? Prese così, niente. Ma lette nel romanzo “La levatrice”, di Stefano Braccini, pubblicato da Sarnus (pagine 370, euro 18), sono fondamentali. Stanno a indicare una storia piena di misteri, dipanatasi nella Firenze granducale e rispolverata quasi due secoli dopo da una studentessa curiosa. Era la Firenze in cui un medico guadagnava 850 lire l’anno e una levatrice, 252. Enrichetta e Chiara: il passato e il presente. Eppoi Rosa, David e Paramjt e Caterina e Guglielmo. Soprattutto, l’Istituto degli Innocenti. Sì, quello dell’infanzia abbandonata. E un bambino sparito e ritrovato. Stefano Braccini, fiorentino, noto ginecologo dell’ospedale San Giuseppe di Empoli, in questo primo romanzo, ha affrontato un tema soltanto all’apparenza d’effetto, come vien fatto di pensare ogni qualvolta ci s’imbatte in trovatelli.
Innanzitutto, ha messo in campo un linguaggio tutt’altro che ridondante (si è posto lontano dal romanzo d’appendice), poi la sua conoscenza della storia di Firenze (preciso in date di eventi e nomi di luoghi) e il suo amore per i libri antichi. Infine, il suo amore per il romanzo storico ha fatto il resto. “Ho voluto dare – dice Braccini – un riconoscimento all’Istituto del’Innocenti per quello che ha rappresentato nei secoli e che tuttora rappresenta per l’infanzia abbandonata”. Una dedica è anche per quelle che un tempo erano le levatrici e ora sono chiamate ostetriche. Una dedica “per il loro lavoro e la loro passione, per la loro pazienza e per la loro dolcezza”.
Data recensione: 15/04/2012
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Riccardo Cardellicchio