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È il rischio che corrono tutte le epopee, e i suoi protagonisti: l’autocelebrazione. La trasformazione in monumento di pezzi di storia nazionale segnati dall’eroismo

È il rischio che corrono tutte le epopee, e i suoi protagonisti: l’autocelebrazione. La trasformazione in monumento di pezzi di storia nazionale segnati dall’eroismo, ma anche tanto complessi da non poter essere semplificati dalla retorica. Un rischio che corrono anche Resistenza e Liberazione, e ci voleva, perciò, uno come Beppe, che alle 5 del mattino del 10 novembre del ’43, con addosso il loden color carruba appartenuto al padre, uscì di casa con altri ragazzi come lui per darsi alla macchia. «Una scelta di campo drammatica e irrevocabile», la definirà, maturata nel precipitare degli eventi dopo l’8 settembre, la firma dell’armistizio, lo sbando dell’esercito italiano, e gli alleati tedeschi diventati occupanti feroci. Giuseppe Tarchiani terrà per sé per cinquant’anni il ricordo di quel che gli accadde una volta aperta la porta di casa, «accompagnata dalle raccomandazioni della mamma». Insieme a Renato, Marino e agli altri (non tutti) tornerà solo a guerra finita e con le ferite addosso, scampato per miracolo al colpo di un tedesco durante un conflitto sui monti di Campigno, nei pressi di Marradi. Dato per spacciato dal medico condotto, salvato dalle preghiere delle donne di paese che lo vegliano mentre rantola su un pagliericcio. Ci voleva perché Beppe, di tutto questo, non fa nessun monumento, e si decide a parlare, e scrivere, soltanto nel ’95, a 70 anni suonati, «nel timore dell’oblio», «come esercizio della memoria», ma anche per un «richiamo di barbara nostalgia per la giovanile e civile passione» da cui era stato animato, come scriverà nella introduzione delle sue memorie di quei giorni, diventate oggi, per iniziativa della figlia Francesca e di Adriano Gasparrini, un libro. Il cui titolo sarebbe certamente piaciuto all’autore, scomparso nel 2000, quando ancora quelle pagine erano chiuse in un cassetto: «Le scelta di Beppe. Diario di un partigiano delle Brigate Lanciotto e Caiani» (ed. Sarnus), che sarà presentato domani, 25 aprile (ore 16), in piazza Giotto a Vicchio da Francesca Tarchiani e dallo storico Giovanni Gozzini, autore di una illuminante introduzione. Pagine in cui Beppe, appunto, racconta senza né retorica, né ideologismi, né autoesaltazione, quel che accadde in quei «Dieci mesi in montagna» (il sottotitolo del libro), nell’Alto Mugello. E piene di accenni, del tutto inediti in questo genere letterario, alla natura, al «sole splendente come un disco di rame», al «pratone» da cui la neve si ritira «lasciando già il posto a una fioritura di crochi», che dicono come un nuovo senso di appartenenza possa passare anche dai sensi. Con minuzia da cronista Tarchiani descrive luoghi e azioni, ma senza mai perdere di vista quello che è in gioco: una scelta di campo, appunto, la difesa di una Patria che deve coincidere con la sua rifondazione morale.
Data recensione: 24/04/2012
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Maria Cristina Carratù