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In lingua colligiana Arnolfo di Cambio pensò la facciata di Santa Maria del Fiore, il cancelliere della Repubblica Fiorentina Bartolommeo Scala tenne le sue orazioni, Cennino Cennini scrisse il primo trattato di pittura moderna e Romano Bilenchi e Mino Ma

In lingua colligiana Arnolfo di Cambio pensò la facciata di Santa Maria del Fiore, il cancelliere della Repubblica Fiorentina Bartolommeo Scala tenne le sue orazioni, Cennino Cennini scrisse il primo trattato di pittura moderna e Romano Bilenchi e Mino Maccari ravvivarono la cultura novecentesca. Quell’accento unico, né fiorentino né senese né pisano – eppure di tutti e tre partecipe – continua a risuonare tra Colle Alta e Colle Bassa, tra il Baluardo e il Piano, anche se le giovani generazioni hanno già cominciato a dimenticarlo un pò per volta. A dare un senso alla storia del colligiano, ci ha provato con successo Olimpio Musso, già docente di filologia all’Università fiorentina: è stato lui a guidare il lavoro svolto da un gruppo di studiosi e a dare ordine a quelle oltre duemila parole ed espressioni nei «Glossari e glossarietti del vernacolo di colle di Val d’Elsa», appena editi da Sarnus. Un libro che non è solo un dizionario, o meglio è un insieme di dizionari: quelle pagine, oltre a radunare lemmi e modi di dire della vita di tutti i giorni – compresi anche il linguaggio venatorio e quello dei vetrai – mette insieme diverse sensibilità personali, proponendo anche un breve Cappuccetto rosso reinterpretato in colligiano dalla maestra Anna Tempesti, una delle voci del libro insieme a Meris Mezzedimi, Alessandro Malandrini e Franco Gelli. Un lavoro né semplice né definitivo. Ma che intanto permette tenere invita e tramandare ai posteri espressioni di ogni genere e livello sociale. Come «bertuellare», «cantambrèlla», «gazzillòro», solo per dirne alcune. Ma il libro è anche precisa ricostruzione storica dell’evoluzione del paese della Valdelsa dall’Unità d’Italia in poi, con la scolarizzazione e l’inurbamento dalle campagne, fino alla globalizzazione di oggi, con un 11% di popolazione straniera proveniente da 66 paesi diversi. Piemontese di nascita, europeo per meriti accademici, da quasi vent’anni cittadino di Colle, Musso ha ascoltato qui quella che considera una delle lingue più belle del mondo: «Il colligiano è una lingua straordinariamente espressiva ed elegante, che ho amato subito. Alcuni amici mi hanno coinvolto in questo progetto, un paio di anni fa. Mi sono stupito di come mancassero tante etimologie, così ho usato le mie conoscenze filologiche classiche. ne è venuto fuori un toscano antichissimo, nobile, con un forte strato mediterraneo». E le origini delle parole hanno risalto mille rivoli linguistici, mescolandosi al greco, persiano, spagnolo, provenzale, longobardo, etrusco. Per dirne una: lo scapaccione in colligiano viene detto «calasina», che deriverebbe dal termine bizantino utilizzato per indicare la grandine. Ma questa raccolta di glossari è solo un primo passo. «In seno alla Società degli Amici dell’Arte – spiega Alessandro Malandrini – abbiamo costituito una commissione per studiare e divulgare il colligiano, in vista di altri lavori del genere e perché la nostra lingua non vada perduta. Vogliamo mantenerlo in vita e tornare a farlo usare ai nostri ragazzi. perché ha qualcosa di unico». D’altra parte, come scrisse il maestro colligiano Asvero Pacini qualche anno fa: «A nord la parlata fiorentina si è fermata a Poggibonsi, a sud quella senese non si è spinta oltre Monteriggioni, ad ovest il pisano con deboli accenti, è giunto fino a Volterra. A colle si parla il colligiano. E basta».
Data recensione: 22/12/2013
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Gabriele Fredianelli