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Ci sono studiosi lungamente fedeli a un classico, tanto da acquisire con esso un’autentica familiarità. Davanti a un vuoto di conoscenze

Ci sono studiosi lungamente fedeli a un classico, tanto da acquisire con esso un’autentica familiarità. Davanti a un vuoto di conoscenze, quando mancano documenti o attestazioni di fatto, questi esperti riescono a immaginare la vita, le idee, i modi di scrittura del loro autore. Ne dà dimostrazione un racconto storico, venuto sulla scia delle numerosissime celebrazioni machiavelliane per i 500 anni dalla composizione del Principe (o meglio di una sua larga parte) tenute a Firenze e in molte città del mondo nel 2013. Tra le iniziative la penultima degna davvero di nota è stata la mostra (visitabile fino a fine febbraio) La via al Principe. Machiavelli da Firenze a San Casciano, inaugurata alla Biblioteca Nazionale il 10 dicembre scorso: fatta di selezionate carte machiavelliane e di testimonianze pittoriche del tempo di Niccolò, illustra il suo percorso dall’esordio in politica alla stesura del famoso trattato. Le tiene dietro ora Scandalo Machiavelli. Un intrigo fiorentino (Firenze, Sarnus-Polistampa): che incuriosisce per più motivi. Intanto perché il Segretario fiorentino, maestro di astuzie ma anche uomo socievole, fatto personaggio narrativo promette una storia piena di colpi di scena. Poi per l’identità di chi firma il racconto. Francesco Bausi ha raggiunto, nell’arco di molti anni, larga notorietà in virtù di saggi su Machiavelli e pubblicazioni di sue opere: la monografia del 2005 e già l’edizione critica dei Discorsi sulla prima deca di Tito Livio nel 2001 ne sono alcuni campioni. Varcare il confine tra letteratura indiretta (quella propria di un professore universitario) e letteratura creativa richiede sempre attenzione. La contiguità tra i due territori non significa identità. Uno è sottoposto alle leggi severe dell’indagine scientifica, condotta attraverso verifiche in archivi e letture in biblioteche, tra manoscritti e antiche stampe. Nell’altro la fantasia trova larghi spazi. Per la sua invenzione Bausi ha avuto l’ accortezza di trarre lo spunto dall’occasione celebrativa, individuando con precisione una lacuna nel nostro quadro conoscitivo del Machiavelli ante 1513 e lavorando per riempire quel vuoto, almeno virtualmente. Il fatto affabulato, in effetti, risale alla primavera del 1510, un tempo non molto precedente la composizione del Principe; del resto Bausi è tra gli ordinatori della mostra suddetta. La vicenda, raccontata tra vizi privati e pubbliche virtù, ha dello scabroso; però non solleciterà nei lettori prurigini e vaghe morbosità oltre i termini di un gioco che, altrimenti, correrebbe qualche rischio di cattivo gusto. La disponibilità di un machiavellista autorevole alla fiction è in realtà rivelatrice di un desiderio da studioso: fare, in mancanza di certezze, ipotesi -divertite e paradossali- sulle ragioni, specie politiche, di un episodio enigmatico. Quale? Una mano anonima segnala per iscritto a un collegio di magistrati fiorentini, gli Otto, il Segretario. L’accusa è infamante: sesso con una prostituta disponibile a pratiche contro natura. La denuncia ha una sua verità storica, custodita in una breve carta dell’ Archivio Storico di Firenze. Da qui parte il racconto di Bausi, studioso non ignaro anche di un altro pezzo in Archivio, che chiude il caso, ma senza alcun chiarimento o particolare. Nei tre giorni precedenti il giudizio per sodomia, che può costargli il posto nella cancelleria della Repubblica e la liberà, Niccolò s’induce a un’affannosa ricerca di aiuto. Chiede ad estimatori e ad amici influenti di trovare la donna, una Lucrezia detta la Riccia, per indurla a negare il fatto quando chiamata a testimoniare; e di premere sui giudici per la sua assoluzione. Peregrinando per una Firenze indifferente quando non ostile, tra vicoli, mercati, palazzi patrizi, il Segretario constata il suo isolamento politico e umano. Chiunque raggiunge, pur ammirato della sua acuta intelligenza politica e convinto della sua alacrità e probità di pubblico funzionario, gli muove il medesimo rilievo. La sua mancanza di diplomaticità; l’anticonformismo del suo abito mentale; la sua troppo chiara consapevolezza di dover governare il cambiamento imposto dai tempi a Firenze, ferma al culto delle tradizioni; la sua stessa lingua intemperante lo rendono impopolare a molti, in specie ai conservatori e ai benpensanti. La sua disinibita condotta nel privato, la frequentazione di sgualdrine (e non solo) lo rende allora facile bersaglio della calunnia e della delegittimazione. La sorte di Niccolò sembra segnata. Ma la latitanza, in questo momento di crisi, del suo massimo sponsor, Pier Soderini, Gonfaloniere della repubblica per cui il Segretario si è speso incondizionatamente, è così evidente da indicare, per paradosso, una possibilità di salvezza. Che forse Machiavelli otterrà, sotto forma di sentenza di assoluzione. Non senza però la mortificante presa di coscienza di quanto uno stile di vita a suo modo borderline può portarlo a interpretazioni equivoche della realtà; “prudenza, Segretario, prudenza !” è invece la raccomandazione di tutti. Povero Niccolò: sostiene d’indossare per propria indole una maschera di materialista e di trasgressore, che nasconde il suo senso profondo del dramma di vivere; ma anche il resto del mondo è mascherato, e inganna… I ben oliati meccanismi di Scandalo Machiavelli concomitano certo con una gustosa mimesi storica di Firenze, delle sue consuetudini, del suo parlato (largo il ricorso al turpiloquio). Ma evidente è soprattutto il gioco metaletterario: una serie quasi ininterrotta di ammiccamenti ai lettori di Machiavelli capaci di riconoscere passi delle sue opere. Nei monologhi interiori di Niccolò e nei moltissimi passi dialogati (Bausi non si è sentito di narrare del suo scrittore in terza persona, per un residuo di timore reverenziale) sono citati brani e personaggi del Principe, delle Lettere familiari, della Mandragola e di altro ancora. D’altro canto la storia è inequivocabilmente fiorentina, con escursioni rapide dalla gravitas al comico e a ostentate trivialità. Ma oltre la cupola e Palazzo dei Signori è l’Italia di oggi, a cui Bausi fa pungenti allusioni. Quale che sia il grado di consenso che si può dare, nel suo possibile moderatismo, all’ autore di Scandalo Machiavelli, il racconto è una sorpresa, piena di sapore e di umori francamente risentiti.
Data recensione: 15/02/2014
Testata Giornalistica: Cultura Commestibile
Autore: Filippo Grazzini