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Affrontare il senso di inquieta incertezza degli anni che passano, l’avvicinarsi di un epilogo sempre certo, è il senso del romanzo scritto da Meris Mezzedimi «La sera di Marco»

Affrontare il senso di inquieta incertezza degli anni che passano, l’avvicinarsi di un epilogo sempre certo, è il senso del romanzo scritto da Meris Mezzedimi «La sera di Marco», pubblicato da Sarnus. Un tema difficile, se vogliamo anche scomodo, che non è certo facile da affrontare, ma che l’autore mostra di voler comprendere e guidare attraverso le riflessioni ad alta voce del protagonista, Marco, che all’età giusta entra nel vorticoso gioco dei ricordi, guardandosi indietro, come se il passato potesse salvarlo, o rendergli il passaggio meno inquieto e doloroso.
Mezzedimi ci guida attraverso sentite metafore: «È vero, rubo agli orologi la vita ed al tempo la possibilità di compiere con essi il suo ciclo, ma il mio è un peccato veniale». Il senso della narrazione è senz’altro la forza di questo racconto, in fondo tutti vogliamo chiudere gli occhi e sentirsi parte di un mondo invisibile, cercando quella che l’autore chiama «il contatto con la bellezza», che poi è forse un solo grande alibi davanti alla forza misteriosa della morte, perché ci sarà sempre qualcuno che scoprirà qualche nostro piccolo segreto, un lontano ticchettìo dell’orologio della vita: «Restò solo qualcosa che volò. nell’aria calma e poi svanì, per dove non sapremo mai...».
Data recensione: 26/01/2017
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Massimo Biliorsi