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«Giuseppe lo ha custodito per anni in un mobile in cucina, in modo da averlo sempre sotto gli occhi

«Giuseppe lo ha custodito per anni in un mobile in cucina, in modo da averlo sempre sotto gli occhi. Lo prendeva spesso e raccontava, in particolare ai bambini, la sua esperienza: voleva insegnare che la guerra è brutta e che ti fa essere solo una pedina di decisioni prese da qualcun altro». Così sette alunni di una scuola media pistoiese – la «Martin Luther King» del Bottegone, frazione della città già capitale della cultura – sei ragazze (Asia e Matilde, Daphne e Giulia, Daniela e Chiara) e il coetaneo Pietro introducono una vicenda che li ha visti protagonisti; con due insegnanti di lettere (Francesca Banchini e Giulia Barontini) hanno dato vita ad un laboratorio pomeridiano di storia in una scuola, diretta da Manila Cherubini, dove è attivo il tempo prolungato. Nelle loro mani era infatti arrivato un diario di guerra, scritto da Giuseppe Ferri (classe 1913): un sergente che nel 1924 fece la dura esperienza della campagna di Russia riuscendo a rientrate prima dalla tragedia finale. Ogni giorno, per nove mesi, dall’aprile al dicembre 1924, il giovane Giuseppe affidava a questa piccola agenda in pelle («larga 6,5 cm, lunga 10,7 cm e spessa appena 1,1 cm») impressioni e racconti su ciò che vedeva. Appassionarsi a queste pagine, scritte con una matita, perché il freddo gelava l’inchiostro, è stato immediato per i ragazzi.
Hanno cominciato a trascrivere gli appunti, a decodificare le sigle. Sono rimasti colpiti da parole che raccontano nostalgia di casa, amicizie fra commilitoni, azioni di guerra, lunghe marce, rapporti con le popolazioni, fatiche e morte, fame e gelo, speranza di uscirne vivi. «Non pensavamo che un quaderno così piccolo potesse contenere una storia così grande», scrivono. Per comprendere la grafia esatta di nomi relativi a località attraversate da Giuseppe, e spesso trascritte in modo frettoloso, i ragazzi sono stati anche aiutati da una signora ucraina, Maria, che oggi vive nel pratese e lavora come collaboratrice familiare: il suo apporto è stato prezioso. Così come fondamentale è risultata, il 7 febbraio, una giornata romana: grazie alla disponibilità del tenente colonnello Emilio Tirone, direttore dell’archivio, e dei suoi uomini, ragazzi e insegnati hanno potuto consultare documenti originali sepolti presso lo Stato Maggiore dell’Esercito trovando puntuali verifiche sugli appunti di Giuseppe.
Il diario, il racconto degli studenti, la cronologia e una introduzione storica sulla campagna di Russia (scritta dal direttore dell’Istituto storico della Resistenza in provincia di Pistoia, Matteo Grasso) sono finiti in un libro edito da Polistampa: «Il cuore batte nel pensiero», una frase di Giuseppe sulla nostalgia provata. La prima copia è stata portata dai figli di Giuseppe, scomparso poco tempo fa a 97 anni, sulla tomba dell’ex sergente «guastatore» riposa con la moglie Oliviera. Il volume è stato presentato al Bottegone in una serata che ha visto una folla tale che all’ultimo momento la scuola ha dovuto cambiare sala, perché quella scelta si stava rivelando troppo piccola. Da giugno è in vendita anche presso supermercati, in tutta la Toscana, di Unicoop Firenze. Le pagine sui 254 giorni di diario sono di una efficacia che farebbe invidia a un corrispondente di guerra. «Abbiamo – scrivono i ragazzi – imparato tanto: a mettere da parte incomprensioni tra noi; a fare ricerca e a consultare le fonti, a considerare la Storia in modo diverso. Abbiamo imparato soprattutto a emozionarci di fronte a parole scritte più di settant’anni fa da un uomo che non conoscevamo e che ci è diventato familiare».
Data recensione: 17/07/2018
Testata Giornalistica: Corriere della Sera - Buone Notizie
Autore: Mauro Banchini