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Forse non solo a Livorno, ma certamente a Livorno, se dici la “pesca del Giunti” vuoi indicare una situazione di grande impegno

Forse non solo a Livorno, ma certamente a Livorno, se dici la “pesca del Giunti” vuoi indicare una situazione di grande impegno e di poco risultato: “la pesca del Giunti: acqua fino ai co****ni e pesci punti”. Tutto questo e molto di più nel romanzo livornese di un livornese, “La pesca del Giunti” di Franco Poggianti. Sarà presentato oggi alle 17.30 al chioschino in Villa Fabbricotti con il sindaco Luca Salvetti, il vicedirettore del Tirreno Cristiano Meoni e Silvia Meccheri di Telegranducato. E ancora letture di Simonetta Del Cittadino, canti di Maria Torrigiani, chitarra Marco Del Giudice.
Dunque la vicenda di questo romanzo di Franco Poggianti narra l’avventura di un gruppo di amici, che s’impegnano in un’impresa alla “soliti ignoti”, un furto, non a scopo di lucro ma a fin di bene, con l’obiettivo ferreo di scuotere la città, affinché le istituzioni locali si decidano ad avviare a soluzione un problema sociale spinoso, scottante: l’abbattimento dei villaggi di baracche, nati nel dopoguerra, in varie parti della città, a Coteto, in Corea-Shangai e la ricollocazione degli occupanti delle baracche in case popolari.
E come? Semplice. Un ricatto, un rapimento. Non di una persona, che nessuno degli amici avrebbe l’animo di ricorrere a una violenza tanto vigliacca, sia pure a fin di bene.
Il piano criminale dei “ragazzi” si realizza magistralmente, pur se fra imprevisti da batticuore, e coinvolge, oltre alla banda, qualche onesto ladro locale, di comprovata destrezza, e alcuni “baraccati”. E mentre narra questa vicenda, l’autore vi chiama dentro spunti, aneddoti, battute; insomma una vera e propria summa di livornesità, a partire dal fresco entusiasmo con cui livornesi – si guardi bene: uomini e donne, ragazze e ragazzi – vivono il sesso. Perché, per citare il Cangillo dei sonetti Cor pepe e cor sale, “Hanno voglia a ‘nventare ippenotismi: come la po**a ‘un se ne ‘nventa più”.
Ma in queste pagine si respira anche un affiorante amore per Livorno, quanto meno per la Livorno d’antan, intriso di quella tenerezza tipica del figliuol prodigo, qual è per Livorno Franco Poggianti, che, abbandonata la sua città in età giovanissima, se ne è tenuto alla larga per quasi 60 anni. Allora ricordarne gli anni in cui l’autore, giovane, visse la città pare quasi voler saldare un debito di gratitudine per il luogo che ha nutrito la sua formazione.
Perché Poggianti, piaccia o non piaccia, è livornese fin nelle unghie dei piedi.
Data recensione: 25/05/2022
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: ––