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La Divina Commedia è da secoli un grande classico della letteratura italiana, diffuso capillarmente anche fra le classi meno istruite

La Divina Commedia è da secoli un grande classico della letteratura italiana, diffuso capillarmente anche fra le classi meno istruite, presso le quali ha comunque sempre goduto di grande fortuna, perché ne conoscevano comunque almeno le vicende più importanti, i personaggi più emblematici e significativi, da Paolo e Francesca a Pia de’ Tolomei e il Conte Ugolino, dalle cui vicende traeva anche materia di ragionamento speculativo. Buona parte di questa fortuna la si deve ai cantastorie che hanno introdotto queste vicende in quella parte di società dove i libri erano illustri sconosciuti. Alessandro Bencistà, cultore di storia e tradizioni locali, licenzia per Sarnus un piacevole volume che, partendo dalla figura del cantastorie fiorentino Antonio Pucci, il primo a occuparsi della Commedia dantesca, ripercorre la tradizione del ‘400 e del ‘500 (poi ripresa nell’800 dopo un periodo di decadenza), che a Dante si è ispirata e che ha “popolarizzato” le vicende dei suoi personaggi; addirittura, alcuni soldati della Grande Guerra si sono ispirati alle terzine di Dante per raccontare la loro amara sorte, le difficoltà della trincea e il quotidiano rischio della vita. Mentre invece, in tempo di pace, le strofe cantate delle vicende dei personaggi di Dante costituivano l’accompagnamento al lavoro dei campi, oppure risuonavano la domenica mattina sulle piazze dei paesi, declamate da cantastorie girovaghi, o ancora rallegravano i momenti di festa.
A corredo, il volume contiene la versione integrale dei famosi poemi ottocenteschi in ottava rima Francesca da Rimini, Ghino di Tacco, La Pia de’ Tolomei (quattro versioni) e Il conte Ugolino, che a loro volta costituiscono un capitolo a sé stante della letteratura popolare, dove le vicende originali vengono spesso arricchite lavorando di fantasia, aggiungendo un tocco di melodramma e di pathos, per meglio soddisfare il gusto di classi sociali le cui fatiche quotidiane le portavano a desiderare un momento d’evasione, almeno con l’immaginazione. E questi poemi costituiscono ancora oggi una testimonianza degli usi e costumi dell’ormai tramontato mondo contadino, con le sue tradizioni e i suoi momenti di socialità, anche all’insegna del Poeta fiorentino.
Data recensione: 20/12/2022
Testata Giornalistica: Leggere:tutti
Autore: Niccolò Lucarelli